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San Leopoldo Mandic

Vita dei Santi
San Leopoldo Mandic
Il Santo della Riconciliazione e dell’Ecumenismo (festa liturgica 12 maggio) (Santuario a Padova - piazzale Santa Croce nr. 44)


Certe volte la nostra idea su come amare Dio, per quanto buona e addirittura santa, non coincide con quella che ha il Signore.

Lo sapeva bene Padre Leopoldo Mandic, che per tutta la vita ha pregato per l’unità della Chiesa Ortodossa con quella Cattolica, desiderando di essere missionario nella terra del suo “oriente”.

Nato il 12 maggio 1866 a Castelnuovo di Cattaro (oggi Herceg Novi, Montenegro), venne battezzato dal padre Petar Antun MANDIC e dalla madre Dragica ZAVERIC con il nome di Bogdan Ivan, cioè Adeodato Giovanni.

Il nome Adeodato, che vuol dire “dato, donato da Dio”, si rivelerà profetico.

Crebbe in un paese che a quel tempo mescolava i fedeli cattolici con i ben più numerosi fedeli della Chiesa ortodossa, costringendo il piccolo Bogdan ad essere testimone di contrasti animatissimi e sanguinose vendette.

Un giorno il piccolo Bogdan, per una lieve mancanza, venne richiamato aspramente da una delle sue sorelle che lo portò davanti al suo parroco ove il piccolino confessò la sua colpa, venendo aspramente rimproverato e costretto a rimanere inginocchiato in mezzo alla chiesa. Il quella circostanza Bogdan pensò: “Perché si deve trattare tanto aspramente un bambino per una mancanza leggera? Quando sarò grande voglio farmi frate, diventare confessore e usare tanta misericordia e bontà con le anime dei peccatori.”

Realizzò il suo sogno nel 1882, quando entrò nel piccolo seminario dei cappuccini a Udine. Nel 1884 indossò l’abito religioso a Bassano del grappa (Vicenza) ove gli viene dato il nome di “fra Leopoldo”. Il 20 settembre 1890 viene ordinato sacerdote a Venezia nella basilica della salute. Tra il 1894 e il 1909 svolge il ministero di confessore a Venezia, Zara, Bassano del Grappa, Capodistria e Thiene. Il 25 aprile 1909 diviene direttore dei giovani chierici cappuccini a Padova, fino al 1914 quando si dedicherà esclusivamente alle confessioni. Nel 1917, a causa della sua cittadinanza austriaca, è internato di guerra volontario e deve recarsi a Tora (Caserta), poi a Nola (Napoli) e ad Arienzo (Caserta). Nel 1919, al termine della prima guerra mondiale, rientra a Padova.Nl 1923 viene trasferito a Fiume, dove rimase solo un paio di mesi per l’insistenza dei padovani che lo rivollero fortemente tra di loro. Nel 1924 inizia il suo definitivo servizio di confessore e direttore spirituale a Padova.  

Spesso padre Leopoldo doveva ridare fiducia a coloro che, a causa dei propri peccati, l’aveva perduta, riuscendo a liberare dal dubbio e a donare la pace perduta a chi, sentendo il peso del peccato, fissava talmente il pensiero su di sé al punto da trascurare l’infinita bontà e misericordia di Dio.

L’amore verso Dio lo riempiva di passione. Diceva: Noi lavoriamo in terra con il corpo, ma con l’anima dobbiamo essere sempre alla presenza di Dio.

Avvolte, mentre parlava con qualcuno, improvvisamente guardava l’orologio e attristandosi diceva: Povero me! Povero me! Dove è andato il mio pensiero? Mi attenda un momento. E correva davanti al tabernacolo poiché la sua mente, anche se per poco tempo, aveva come lasciato il suo Signore.

Pregava e invitava i suoi penitenti a pregare. Diceva: Le promesse di Dio sono legate alla nostra preghiera. E’ ordine stabilito dal Signore che tutto possiamo avere da Lui, ma sempre a mezzo della preghiera. Quantunque il Padrone Iddio dia a noi tutto gratuitamente, però dobbiamo meritarlo con la preghiera. E qui siamo nel mistero……Basta, preghiamo!

E’ stato sempre devoto alla Madonna, da lui amorevolmente chiamata Padrona Benedetta, ed invitava i penitenti dicendo: Preghi sempre la Vergine santissima, la quale è fonte morale di ogni bene. Nel buio della vita la fiaccola della fede e la devozione alla Madonna ci guidano ad essere fortissimi nella speranza. Come abbiamo in cielo un divino Intercessore, abbiamo anche un cuore di Madre; perciò pregheremo: “O Maria, mostraci di essere Madre”.

Grande era la sua umiltà che spesso lo portava a dire: Se altri avessero avuto dal Signore le grazie che ho ricevuto io, quanto meglio avrebbero corrisposto!

Una sera a un sacerdote che si complimentava con lui per il bene che in quella giornata aveva fatto rispose: Ringraziamo Dio e domandiamogli perdono, perché si è degnato permettere che la nostra miseria venisse a contatto con i tesori della sua grazia.

Un giorno padre Leopoldo, di ritorno in convento, venne preso di mira da alcuni ragazzini impertinenti che iniziarono a mettergli dei sassolini dentro il cappuccio dell’abito religioso che indossava. Un passante che vide la scena rimproverò i ragazzi, ma padre Leopoldo lo tranquillizzò con un sorriso dicendo: Lasci, lasci che si divertano. Merito molto di peggio.

Mai ha esaltato il bene che compiva. Piuttosto diceva: Nascondiamo tutto, anche quello che può avere apparenza di dono di Dio, affinché non se ne faccia mercato. A Dio solo l’onore e la gloria. Se fosse possibile noi dovremmo passare sulla terra come un’ombra che non lascia traccia di sé.

Si è sempre reso strumento del Signore, e in confessionale la sua fede ed umiltà lo portavano a dire: Chi ha parlato? Ha parlato Dio…Basta!

Oltre alle molte guarigioni inspiegabili per la scienza, padre Leopoldo operava continui miracoli sui propri penitenti, i quali con lui accoglievano il perdono nel proprio cuore, riconciliandosi con Dio e convertendosi. Ecco perché spesso era solito dire: Dio è medico e medicina.

Egli incamminò molti sulla via della santità, e consapevole che l’unico artefice di quell’opera era solo Dio diceva: Dio è la guida di ogni anima, e ogni anima ha la sua via. Lo Spirito santo è il primo direttore di spirito e resta sempre il primo; i santi li fa Lui….A noi spetta solo il dovere di riconoscere e assecondare la sua azione e non intralciarla con le nostre meschine vedute.

Una sua caratteristica era la grande indulgenza nell’accordare l’assoluzione. Diceva: La misericordia di Dio è superiore ad ogni nostra aspettativa.

Anche se trascorse gran parte della sua vita all’interno del convento di Padova, mai abbandonò l’amore per il suo Oriente e il desiderio dell’unità dei cristiani.  Un giorno confidò ad un confratello di aver comunicato una donna la quale alla fine della confessione gli disse: Padre, Gesù mi ha ordinato di dirle che ogni anima che lei assiste qui nella confessione, è il suo Oriente.  

Il 30 luglio 1942, in seguito all’ennesimo malore, gli venne amministrata l’unzione degli infermi. Poco dopo, unitosi in preghiera con altri frati che erano accorsi, sulle parole “O clemente, o pia, o dolce Vergine Maria”, esalò l’ultimo respiro.


Il 14 maggio 1944 la chiesa e parte del convento dei cappuccini di Padova vene distrutta da un bombardamento aereo, come predetto da padre Leopoldo. Nel 1946 venne aperto il processo informativo diocesano per la beatificazione. Nel 1963 vi fu l’apertura del processo apostolico a Padova. Il 19 settembre 1963 si traslò la salma di padre Leopoldo dal cimitero di Padova alla cappella presso il suo confessionale. Il 2 maggio 1976 padre Leopoldo è proclamato beato da Papa Paolo VI. Il 16 ottobre 1983 il beato papa Giovanni Paolo II lo proclama solennemente Santo.
 
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